Miranda: l’Ambasciata dei Sapori Lucani a Bruxelles

Forse un pezzetto del loro destino era scritto già in quel cognome che evoca atmosfere goldoniane di locande e locandiere. E la consuetudine familiare con i sapori e i saperi di una terra antica e ospitale li ha probabilmente guidati nelle loro scelte. Ma quel che è certo è che la storia di Maria Concetta e Alessandro Miranda, fratelli potentini doc con ascendenze calvellesi, ha poco in comune con lo stereotipo dell’emigrazione per bisogno e dei “cervelli in fuga”, per iscriversi invece nel capitolo delle sfide possibili in un mondo globalizzato nel quale le armi vincenti sono sempre di più le buone idee, la voglia di crederci, la sfida della qualità. Continua a leggere

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Quando l’America chiuse le frontiere agli italiani

«Gli Italo-Americani che sostengono la linea del presidente Trump di tenere Musulmani e Messicani fuori degli USA dovrebbero guardare dentro la loro storia, e nel profondo del loro cuore».
Fa una certa impressione leggere questa affermazione forte e sicuramente non politically-correct sulle pagine dell’autorevole New York Times. L’ha scritta qualche giorno fa, in un articolo dal titolo “When America barred Italians”, Helene Stapinski, una giornalista di origine italiana, i cui bisnonni partirono nel 1892 da Bernalda, in provincia di Matera. Continua a leggere

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A cento anni dalla nascita di Decio Scardaccione, lo “zio” che cambiò la politica in Basilicata

Ci sono parole che l’antica cultura contadina usa con particolare attenzione, e che hanno la forza di svelarci con un solo termine un mondo di rapporti e di sentimenti. Una di queste parole è certamente “Zio”. Tre lettere che indicano familiarità e rispetto, soggezione e solidarietà, condivisione e affetto. Per i contadini lucani che l’hanno conosciuto ai tempi della riforma, per gli studenti dell’Università, per i cittadini della val d’Agri, e via via per tutti quelli che l’avrebbero incontrato, politici, amministratori, intellettuali, parlamentari, uomini di governo, Decio Scardaccione è stato sempre, semplicemente “zio Decio”. Continua a leggere

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Ricordato a New York Vito Marcantonio, un leader di sinistra nell’America della guerra fredda

Si sono dati appuntamento nel pomeriggio di domenica 28 agosto a New York sulla Broadway nella zona sud di Manhattan, davanti al parco della City Hall, proprio nel punto in cui, colpito da un improvviso malore, morì in un piovoso pomeriggio dell’agosto del 1954, Vito Marcantonio, l’indimenticato leader politico radicale di origini lucane. Con una cerimonia laica che si ripete ormai da qualche anno nei luoghi significativi della sua vita, si sono alternati al microfono docenti universitari, giornalisti, uomini di spettacolo, esponenti politici, attivisti di movimenti sociali che hanno dato vita da qualche anno al “Vito Marcantonio forum”, una associazione culturale che ha lo scopo di mantenere viva la memoria di questo esponente dell’area progressista della politica americana, la cui figura è ancora particolarmente viva nel ricordo dei tanti emigranti che affollarono le “Little Italy” di New York nel secolo scorso. Continua a leggere

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A dieci anni dalla morte di Rocco Petrone, l’uomo della luna quasi dimenticato nella sua terra d’origine

Dieci anni fa, il 24 agosto del 2006, moriva all’età di ottant’anni, nel suo buen retiro di Palos Verdes Estates, in California, Rocco Petrone, l’ingegnere meccanico di origine lucana che ha iscritto il suo nome tra i protagonisti di quella che certamente è una delle più grandi imprese nella storia dell’umanità: il primo sbarco dell’uomo sulla luna.
Due sottili occhi di ghiaccio su un fisico imponente da ex giocatore di football, un metro e novanta di altezza per quasi un quintale di peso, zigomi sporgenti, il naso leggermente aguzzo, sguardo intenso, labbra taglienti: chi gli voleva bene amava definirlo “il computer con un’anima”, ma per la gran parte dei suoi collaboratori restava “la tigre”. I cronisti italiani che chiesero di incontrarlo quando arrivarono a Cape Kennedy per seguire le operazioni di lancio dell’Apollo 11, incuriositi dal nome italiano del direttore della missione, si trovarono di fronte questo omone rigoroso e cordiale, che nelle fattezze fisiche e nei modi spicci e cordiali ricordava tanto le migliaia di connazionali partiti nell’ultimo secolo alla ricerca di un mondo migliore, inseguendo il “sogno americano”. Continua a leggere

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